Inquadramento geologico e notizie storiche
(da INGV)

Panarea è la più piccola delle isole Eolie. Essa rappresenta la parte affiorante di ciò che resta di uno dei più grandi ed antichi vulcani dell’arcipelago, attualmente sede solo di fenomeni tardo-vulcanici. Era già attivo circa 600.000 anni fa e le sue più recenti eruzioni sono vecchie di quasi 100.000 anni. L’edificio è costituito da una struttura tronco-conica, per circa 1.500 m da una base lobata, e che si sviluppa prevalentemente ad est dell’isola di Panarea. In quest’area, oltre all’isola di Basiluzzo, un bassofondo tra -5 e -10 m, raccorda secondo una struttura sub-circolare gli scogli di Lisca Nera, Bottaro, Lisca Bianca, Panarelli e Dattilo. Il bassofondo racchiude una vasta depressione, profonda fino a 30 m.. Questa struttura verosimilmente craterica, è sede di un ampio campo fumarolico, ad alta attività, cui si deve una vistosa deposizione di precipitati di zolfo biancastri.
Atre notevoli manifestazioni fumaroliche e/o idrotermali sono presenti nei fondali attorno a Basiluzzo, alla Secca dei Pesci e, sull’isola maggiore, alla Calcara. Lo studioso Déodat de Dolomieu descrive queste attività tardo-vulcaniche nel suo famosissimo “Voyage aux îles Lipari” (Viaggio alle isole Lipari), nel 1783. Esse erano già note e sfruttate per edifici termali, in epoca romana ma, senza dubbio, risalgono a tempi molto più lontani, perché hanno avuto il tempo di alterare profondamente gli scogli che fanno corona al probabile cratere sommerso.

 

AmaPANAREA

 

Panarea, covo del pirata Drauth
Il terrore dei mari della seconda metà del 1500

A poco più di 11 miglia da Lipari, si incontra Panarea, l’antica Eunymos (che significa “a sinistra” per i marinai che da Lipari navigavano verso la Sicilia), divenuta poi Panarion (la distrutta); è la più piccola delle Eolie, poco più di 3 km², abitata fin dal Neolitico (4.000 anni fa), come testimonia il villaggio preistorico di Capo Milazzese.

I suoi colori sono indubbiamente il BIANCO della calce dei muri delle case e il TURCHESE dei suoi fondali. Forse anticamente Panarea era una delle più grandi delle Eolie, ma in seguito a cataclismi naturali il vulcano è parzialmente sprofondato, cosicché l’anfiteatro originario interno del cratere è divenuto la costa dove sorgono i tre abitati di Iditella, S. Pietro e Drautto. Quest’ultima località prende il nome dal pirata saraceno Drauth, il quale era solito ormeggiare le sue navi poco più a sud, nella vicina Cala Junco, una delle più belle baie del Mediterraneo; si tratta di una sorta di piscina naturale, chiusa da alte pareti di scogli basaltici, dove il mare vanitoso interpreta i colori di cui è capace, regalandoci tutte le gradazioni cristalline di verde, turchese e blu.

Le alte scogliere che circondano l’insenatura non consentono ai naviganti di vedere l’interno della baia e il pirata Drauth poteva pertanto sorprendere improvvisamente le navi di passaggio che dal Nord Italia si dirigevano verso la Sicilia.

Quello che resta della parte sprofondata del vulcano originario di Panarea, è ora costituito da una miriade di scogli ed isolette che le fanno da contorno, quasi un “arcipelago nell’arcipelago” da visitare facendo estrema attenzione agli scogli affioranti.

Si comincia da Dattilo, con le sue caverne di zolfo e allume cristallizzato. Si prosegue con l’isoletta di Basiluzzo, oggi disabitata, con pareti a picco sul mare e quasi inaccessibili, dove si trovano i resti di un’antica villa romana e l’adiacente scoglio di Spinazzola, alto quasi 80 mt., tutto guglie e pareti verticali, tanto da somigliare vagamente al Duomo di Milano, sia pure con un po’ di fantasia; qui si trova una colonia endemica di palme nane, unica in tutta Europa. Più a sud si incontrano gli scogli di Lisca Nera, Bottaro e Lisca Bianca: quest’ultimo, candido per le colate di pomice, ha al suo interno la piccola Grotta degli Innamorati, dove la leggenda vuole che chi si bacia resterà unito per sempre. A venti metri di profondità, nel tratto di mare compreso tra i tre scogli, l’acqua ribolle di centinaia di colonne di bollicine: ci si trova infatti al centro del vulcano originario, evidentemente non ancora del tutto spento.

Un’altra manifestazione endogena è riscontrabile sulla costa nord orientale, in località Calcara, dove sono presenti sorgenti termali e fumarole che emanano anidride carbonica, azoto e ossigeno. Panarea non ha ancora terminato il suo processo di sprofondamento: l’isola si immerge per due centimetri ogni anno; c’è ancora tempo, tuttavia, per visitare questo piccolo paradiso senza auto, dove si riscopre il piacere di camminare alla scoperta di minuscoli vicoli fra le case candide di calce e scorci incantevoli su scogli e isolette che ne fanno da cornice.

 

Il terrore dei mari, la minaccia più temibile, il corsaro Dragut.
(di Miss Fletcher)

Potrebbe sembrare un nome di fantasia, invece Dragut è realmente esistito; originario dell’Anatolia, visse nella seconda metà del 1500. I corsari assaltavano le navi e razziavano le coste, depredavano i paesi, riducevano in schiavitù gli abitanti e rapivano le donne. Dragut era uno di loro e l’eco della sua terribile fama era universalmente nota. Correva l’anno 1540 e Dragut non era il solo a solcare le acque del Mediterraneo.

Un genovese, che passerà alla storia per le sue gesta, in quei giorni si trova in Sicilia: è l’Ammiraglio Andrea Doria.

Andrea Doria, proprietario di molte galee, aveva stretto un patto con la Spagna: in cambio di un assiento, ovvero di un affitto, l’Ammiraglio avrebbe messo a disposizione degli spagnoli le proprie forze navali, con l’aiuto delle quali si intendeva frenare gli attacchi barbareschi. Così Doria, avendo saputo che Dragut minacciava le coste della Corsica, decide di dare la caccia al pirata. Doria.

Il compito viene affidato al giovane Giannettino, nipote di Andrea Doria, che al comando di venti galee prende il mare per assaltare il nemico. L’impresa si risolve in un successo: vengono liberati più di duemila cristiani e catturate nove imbarcazioni nemiche, molti dei pirati che seminavano il terrore su quelle coste sono fatti prigionieri, tra di essi anche lo stesso Dragut. A tal proposito si narra un curioso aneddoto: al tempo della cattura Giannettino Doria era talmente giovane che, vedendoselo davanti, Dragut reagì con rabbia, dando in escandescenze per essere stato fatto prigioniero da quello che lui definiva una donna con la barba. Il corsaro venne così condotto a Genova in catene e fu messo al remo delle galee di Andrea Doria.